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Leadership X.0
02 January 2021
IL FALLIMENTO COME INTERLOCUTORE INEVITABILE PER NAVIGARE CONTESTI VUCA

Operare in contesti VUCA (volatili, incerti, complessi e ambigui) richiede lo sviluppo di una cultura del fallimento che consenta di prendere consapevolezza e acquisire conoscenza di tutti gli aspetti che caratterizzano il fallimento stesso.

“La proiezione di ogni fallimento è un successo” 

LEADERSHIP X.0 

“Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: è il coraggio di continuare che conta” 

W. Churchill  

“Il dolore è temporaneo. Smettere dura per sempre.” 

L. Armstrong 

Siamo abituati a considerare il fallimento meramente nella sua accezione negativa, come qualcosa di spiacevole, da evitare e che danneggia la nostra reputazione. Questa mentalità, di conseguenza, influisce sul nostro modo di pensare e di agire. Tuttavia, in contesti complessi e incerti, come quelli che sempre più spesso abitiamo, il fallimento diventa molto probabile se non addirittura inevitabile, in quanto l’evoluzione del contesto è imprevedibile e la probabilità di fare scelte sbagliate, e quindi di fallire, cresce in modo considerevole. In questi casi è necessario ampliare la prospettiva con cui guardiamo al fallimento per considerare anche le sue virtù. In particolare, in contesti complessi e incerti è necessario sviluppare una vera e propria cultura del fallimento che ci consenta di prendere consapevolezza e acquisire conoscenza di tutti gli aspetti che lo caratterizzano e non solo di quelli negativi. In questo modo potremmo più agevolmente apprezzare il potenziale di apprendimento e di miglioramento che si nasconde dietro ad un fallimento e le opportunità che si possono aprire dopo aver metabolizzato la lezione derivante da un fallimento. Per il leader X.0, quindi, il fallimento rappresenta un interlocutore quotidiano ed un elemento essenziale per navigare contesti VUCA. 

Nel senso comune, nella mentalità prevalente, nei contesti scolastici, familiari e lavorativi il fallimento non gode di buona reputazione. Il fallimento è qualcosa da evitare perché rappresenta una sconfitta, perché è motivo di imbarazzo agli occhi di familiari amici e colleghi, perché incide negativamente sulla nostra reputazione, perché demolisce le nostre certezze e la certezza, come sappiamo, è un bisogno al quale l’uomo non può rinunciare. Siamo quindi “programmati” per evitare il fallimento e di conseguenza evitiamo anche le opportunità che esso può generare, pur di scongiurare le conseguenze spiacevoli che esso potrebbe innescare. Tuttavia, non possiamo fare a meno di notare che chi fallisce, anche in modo eclatante, e trova la forza di reagire, riesce spesso a trasformare il fallimento in un successo. Quando ciò accade, magari pensiamo che sia stata solo questione di fortuna, mentre invece non si tratta (solo) di fortuna. 

Il mondo in cui viviamo, contrariamente al passato, è sempre più complesso. Viviamo in un mondo di connessioni grazie alle quali possiamo interagire con gli altri scambiando informazioni e comunicando in qualsiasi momento a livello globale. Tali connessioni hanno creato nuovi legami tra gli individui, per effetto delle quali cambiamenti, shock, decisioni e azioni di un individuo hanno effetto immediato su altri individui condizionandone, direttamente e indirettamente, la loro situazione. Tali effetti, a loro volta, producono feedback sull’individuo che li ha originariamente innescati, formando una rete di interdipendenze in continua evoluzione.  

Le interdipendenze determinano una situazione di complessità. Si parla di complessità quando non è possibile individuare la sequenza di eventi, shock, decisioni e azioni che hanno determinato la situazione attuale, né è possibile anticipare in che modo la situazione attuale potrà evolversi per effetto di eventi, shock, decisioni e azioni che potranno accadere o potremo intraprendere. La complessità, come appare evidente, genera inevitabilmente incertezza: è impossibile individuare in modo esaustivo tutti i possibili scenari futuri nei quali la situazione attuale potrà evolversi. 

In un contesto con queste caratteristiche che ruolo assume il fallimento? È possibile evitare il fallimento, come saremmo indotti a fare in un contesto stabile, prevedibile, elementare e certo (SPEC)? In un contesto VUCA, ha senso voler evitare a tutti i costi il fallimento o, piuttosto, ha senso iniziare a pensare che il fallimento è inevitabile e che quindi va affrontato? Se dobbiamo affrontare il fallimento, siamo equipaggiati per farlo? Probabilmente no. Come dobbiamo modificare la nostra visione del fallimento per far fronte ai challenge ai quali un contesto VUCA ci pone di fronte? E’ sufficiente cambiare la nostra prospettiva sul fallimento o è necessario iniziare a sviluppare una vera e propria cultura del fallimento? 

La vecchia concezione del fallimento va cambiata: da incidente spiacevole e da evitare, il fallimento in contesti VUCA diventa l’unico strumento possibile di esplorazione del contesto. Ovviamente, il nostro non è un invito a fallire in modo superficiale e ingenuo, ma piuttosto a non considerare il fallimento con la stessa prospettiva negativa e paralizzante con cui siamo abituati a pensarlo. In un contesto complesso e incerto il fallimento è altamente probabile, se non inevitabile. In queste circostanze, è molto probabile che il contesto renda necessario l’utilizzo di competenze che non abbiamo, l’accesso a strumenti che non sono a nostra disposizione, o la considerazione di soluzioni che non abbiamo mai sperimentato. In questi casi, quindi, non ha senso evitare il fallimento ma diventa indispensabile incorporare in modo costruttivo il potenziale generativo del fallimento nelle nostre strategie di pensiero e azione.  

Non basta tuttavia cambiare la mentalità con cui ci approcciamo al fallimento. È necessario sviluppare una vera e propria cultura del fallimento, sin dall’infanzia, quando le parole sono solo suoni e non ancora significati, quando il bambino non ha ancora sviluppato il suo linguaggio al punto da associare un’accezione negativa alla parola fallimento. Sviluppare una cultura del fallimento ci consente di prendere consapevolezza e acquisire conoscenza di tutti gli aspetti del fallimento e non solo di quelli negativi, di apprezzare il potenziale di apprendimento e di miglioramento che si nasconde dietro ad un fallimento e le opportunità che possono emergere dopo aver metabolizzato la lezione derivante da un fallimento. 

Attraverso lo sviluppo di una cultura, il fallimento diventa un prezioso strumento a supporto dell’esplorazione di contesti VUCA, con il quale sarà possibile sia apprendere nuovi strumenti sia migliorare la consapevolezza di noi stessi, facendo emergere aspetti nascosti, meccanismi di pensiero e limiti inconsci che, una volta superati, ci consentiranno di espandere l’universo di possibilità al quale l’individuo potrà accedere e il potenziale di pensiero e di azione da questi raggiungibile. 

Quando un contesto è VUCA il challenge fondamentale non è più “fare le cose bene” ma “fare la cosa giusta”. Quindi l’ottica vincente non è più evitare il fallimento e imparare a fare le cose senza errori, quanto piuttosto utilizzare gli errori per capire qual è la cosa giusta da fare. Il fallimento pertanto diventa l’interlocutore quotidiano dell’individuo ed elemento essenziale per navigare contesti VUCA.